RAYA E L'ULTIMO DRAGO

 

500 anni fa la nazione di Kumandra univa popoli differenti sotto il pacifico presidio dei Draghi. Finché i Druun, entità malvagie, non si sono diffusi tra gli uomini, agevolati dalla loro cupidigia e discordia, finendo per trasformare ogni forma vivente in pietra. Solo il sacrificio dei Draghi permise all'umanità di salvarsi: il segreto del loro potere è rimasto racchiuso in una gemma magica, unica arma di difesa contro i Druun. Oggi Kumandra non esiste più, divisa tra nazioni belligeranti, che corrispondono ad altrettante "parti" del drago: Zanna, Artiglio, Cuore, Dorso e Coda. Raya, principessa di Cuore, prova a tendere la mano verso Namaari, giovane figlia della regina di Zanna, ma la fiducia in quest'ultima porterà a una terribile disgrazia e al ritorno dei Druun. Da Dante Alighieri a oggi è sempre una questione legata alle tre "fiere": lince, leone e lupa - lussuria, superbia e cupidigia - mali oscuri del debole uomo, prima indotto in errore da loro e poi obbligato a pagarne le conseguenze. Una nota malinconica e pessimista accompagna tutto Raya e l'ultimo drago, a partire dall'inizio in medias res, che ci cala in una distopica landa desertica, degna di Mad Max: Fury Road. Raya è parte Furiosa e parte Max, oltre che Rey di Star Wars: un crocevia di principessa disneyana ed eroina action da post #metoo. Così come Sisu, il drago che finirà per accompagnarla nelle sue avventure, unisce i tratti della tipica spalla disneyana, con lo humour stralunato del genio di Aladdin e l'aria un po' svampita e sopra le righe di Dori da Alla ricerca di Nemo (le fattezze invece tradiscono la somiglianza con Awkwafina, rapper e personaggio mediatico che, nella versione originale, presta la voce al doppiaggio del personaggio). A emergere come personaggio meglio delineato dalla sceneggiatura è l'antagonista Namaari: la tensione che la dilania, scindendola tra dovere di figlia verso il proprio popolo e aspirazione utopistica legata ai sogni di bambina, è il cuore del film e forse rappresenta la chiave di volta disneyana sul ruolo del nostro fanciullino interiore di fronte all'apocalisse.

  • Durata: 110 min
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